"La vera terra dei barbari non è quella che non ha mai conosciuto l’arte, ma quella che, disseminata
di capolavori, non sa né apprezzarli né conservarli"
(Marcel Proust)

domenica 27 ottobre 2013

Riflessioni archeoidentity sulla Niosi Piazza, tra memoria, amnesia e cambiamento


In una fitta trama degna di Aristofane, ormai da tempo a Patti si celebra l’istrionica vicenda legata alle sorti della NUOVA PIAZZA FRANCESCO NIOSI (detta anche, secondo la tipica plurinomenclatura della toponomastica locale, San Nicola, San Nicolò o del Mercato). I lavori di riqualificazione già intrapresi da alcune settimane, -una sorta di totale azzeramento visivo e mnemonico di tale piazza ad esclusione della fontana posta nel suo centro- hanno suscitato l’interesse e lo sdegno di numerosi cittadini che prontamente hanno sollevato non poche perplessità e preoccupazioni. Ma di che genere? 

Le principali obiezioni riguardano l’opportunità di ripristinare l’assetto di Piazza Niosi riportandolo alla sua forma precedente e più recente, acconsentendo tutt’al più a una sorta di “Extreme Makeover: Square Edition”, che nella sostanza si limiti a riconsegnare ai cittadini pattesi e a coloro che di tale piazza ne hanno memorizzato le più recenti fattezze, una versione aggiornata e corretta, degna per l’appunto di un intervento strabiliante e straordinario ma di pura e semplice messa in “bella forma” della piazza.

Ecco allora che ARGONAUTI, in nome di quell’identità culturale e territoriale e in nome di quelle ragioni archeologiche su cui ha issato la propria bandiera, si sente chiamata in causa e oggi “scende in piazza” per puntualizzare la propria visione a favore di un intervento che coniughi il valore degli elementi antropici (ogni costruzione fatta dall’uomo e per l’uomo) secondo le necessità concrete di un futuro/presente, di uno sguardo che si prenda l’onere, più che l’onore, di coniugare lucidamente il nostro presente con il futuro più prossimo, abbandonando ogni utilizzo di una falsa retorica e di riferimenti a memorie stantie.

UN PO’ DI STORIA: Piazza Niosi, una storia recente più che antica.
A partire dalla seconda metà del XIX secolo, piazza Francesco Niosi, vide il suo nucleo centrale, che invero in origine era destinato esclusivamente ai pedoni, restringersi e ridimensionarsi su di un risparmio sopraelevato a gradoni per permettere la pubblica circolazione degli autoveicoli che in quegli anni cominciavano progressivamente a ‘invadere’ le aree urbane. L’area che ne risultò, aveva quindi lo scopo prettamente funzionale di suddividere il piano pedonale da quello destinato alla pubblica circolazione degli autoveicoli garantendo il regolare e sicuro svolgimento delle attività commerciali connesse al piccolo mercato cittadino. Tale scelta, in linea con le esigenze del suo tempo, non seguiva alcuna ottica progettuale, estetica, in senso stretto, o urbanistica.

LA PIAZZA OGGI: un ritorno al futuro.
Gli spazi pubblici delle città postmoderne, e in primis dei centri storici, oggi più che mai tendono a rispondere a criteri di vivibilità a misura d’uomo piuttosto che a misura d’auto. La nostra contemporaneità ha rimesso al centro del dibattito urbanistico e architettonico criteri profondamente diversi da quelli adottati dalla modernità architettonica e il tema stesso della sostenibilità si è fortemente trasformato e allargato non interessando più solo gli aspetti del verde cittadino ma comprendendo tutte le aree del comfort e della qualità della vita sociale e interculturale. La questione della pedonalizzazione dei centri storici è ormai acquisita e risulta elemento basilare del vivere e convivere civile.

Ripristinare un piano sopraelevato, ossia riproporre la più recente struttura della piazza, opponendosi a un progetto che preveda un unico livello ad eccezione della fontana, con la presunzione di preservare qualcosa in nome di un valore storico che invero non possiede, potrebbe rivelarsi una pretesa priva di fondamento. La difesa inoltre della memoria personale e soggettiva (una memoria legata ai tempi dell’esistenza individuale e non a quelli della storia) produrrebbe il rischio di vedere ancora una volta l’installazione di un’orribile isola spartitraffico/pedonale con la limitazione della reale estensione della piazza ad una piccola platea recinta e non a tutta la superficie naturale, come sarebbe più giusto concedersi.

L’IDEA PROGETTUALE e la QUESTIONE TIGLI
L’idea più oculata sarebbe quindi rendere l’intera area totalmente pedonale e su un unico livello, tenendo tuttavia conto (auspicando che sia già previsto di fatto nel progetto) del naturale e originario avvallamento che interessava il sito. Ciò che a nome di Argonauti invece proponiamo è di eliminare l’avveniristica recinzione a chiusura della Chiesa di San Nicolò, facendo ritornare così l’edificio sacro in piena armonia con la piazza. La messa a dimora di nuovi alberi, considerato il ristretto ambiente, sembra essere una scelta piuttosto opinabile poiché rischierebbe di ostacolare la fruizione visiva delle vie annesse, dei palazzi storici e della peculiare presenza dei due edifici ecclesiastici che dominano la piazza nonché della monumentale “Fontana del Calice”. L’amore per il verde non si misura certo collocando degli alberi in una piazza ma piuttosto provvedendo ad una manutenzione ordinaria di quanto già esistente in città o progettando specifiche aree.

LA FONTANA DEL CALICE
Una riflessione seria merita piuttosto la fontana cosiddetta “del Calice”, finora poco presente anche nei pubblici dibattiti. Come interpretare che lo scalpore più grande finora espresso dalla cittadinanza ha interessato i conci di pietra lavica e i tigli, quest’ultimi addirittura elevati a testimoni di storia e di memoria, quando l’unico elemento che meriterebbe maggiore attenzione è la monumentale fontana? 

Le offese che negli anni sono state subite dalla fontana sono l’unica testimonianza di uno scarso attaccamento alla storia autentica e all’indifferenza che ogni giorno soffoca il centro storico pattese. Eppure, forse complici i rigogliosi tigli che ne offuscavano la visuale, è sempre passata in sordina l’insensibilità e il poco rispetto riservato al manufatto marmoreo: più volte ricoperto da calce per evitare la crescita di muschio (consigliamo piuttosto l’utilizzo di un filtro che depuri l’acqua) e persino protagonista dello scellerato caso in cui furono attaccati con del fil di ferro dei pannelli per segnalare la non potabilità dell’acqua, causando gravi danni al marmo.

ESEMPLARITÁ ed EQUILIBRI
E poi... se l’idea di una piazza totalmente pedonalizzata, su unico piano e senza alberi a qualcuno può apparire affermazione azzardata, ci sentiamo di rimandare ad altri esempi di riqualificazione ben riusciti e noti come testimonia il caso della piazza Duomo di Siracusa. 

Preservare un luogo e la sua memoria vuol dire innanzitutto combattere il degrado e l’oblio; vuol dire garantire l’utilizzo degli spazi e la loro piena valorizzazione; vuol dire adoperarsi per l’espletamento delle sue funzioni, sempre meno interlacciate con gli aspetti prettamente tecnici e di mera utilità. Riqualificare lo spazio dovrebbe voler dire restituire un luogo alla sua variegata vivibilità, qualificandolo e tenendo conto delle esigenze contemporanee dei suoi abitanti, dei suoi fruitori, dei suoi utenti, dei suoi estimatori; dovrebbe voler dire mantenere in armonia il delicato equilibrio tra lo scorrere del tempo, ovvero tra passato, presente e futuro, e le istanze improrogabili di progresso, di cambiamento, di trasformazione che l’agire dell’uomo impone al territorio che lo ospita e che egli, energicamente, abita.

ARGONAUTI C’È.







 Fontana del Calice, i danni provocati dal fil di ferro.



Una scena tratta da "Nuovo Cinema Paradiso" di Giuseppe Tornatore

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