“ A ‘Ntoniu, c’avi l’ali d’aquila e ‘u celu ci pari nicu…”.
Scopriamo questa bellissima dedica, metafora perfetta dell’irrequietezza umana, nelle prime pagine del libro Cuore di cactus di Antonio Calabrò ; e chi meglio di un poeta ( Ignazio Buttitta, passionale e appassionato poeta dialettale siciliano ) sa guardare negli occhi di un ragazzo ?
Il libro è ,come lo definisce il suo autore, pattese di nascita ( 1950), palermitano di adozione, un diario in pubblico. In quell’in c’è tutta la pienezza, la voglia di riempirci di “parole sincere”, di raccontare e di raccontarsi con tutti i rischi che un tale esercizio può contemplare.
Parole sincere private e pubbliche, parole dietro cui si intravedono i tanti libri letti, amati, masticati, metabolizzati fino a diventare parte di se stesso.
Parole pubbliche nel ricordo dell’esordio della sua carriera di giornalista al quotidiano l’Ora di Palermo ( 1970), piccolo coraggioso indipendente quotidiano, palestra di rigore professionale, di impegno civile ma anche di libertà personale.
Parole private nel ricordo dei tanti morti ammazzati dalla mafia negli anni ’70-’80, in un triste elenco numerico, ma soprattutto nelle lacrime versate per un amico, non l’ultimo morto ma quello determinante per una scelta, una svolta , una delle più ardue e tristi che un uomo può fare : quella di partire, di andarsene dalla sua terra.
Parole d’amore verso una città, Palermo, ancora lei, che nonostante tutto si spera sempre possa cambiare e la si ricorda e descrive nei suoi scorci più belli.
Parole di denuncia che , il più delle volte , chi sta lontano riesce a pronunciare più chiaramente e serenamente ; rivolte a un’isola e ai suoi abitanti per ricordare i difetti che l’affliggono e che non si possono camuffare con una patina superficiale di “orgogliosa isolanità”.
Parole di speranza nel vedere piccoli spiragli di luce che fanno pensare che si può ancora cambiare che c’è aria nuova,testimonianza di una coscienza sociale destinata a lasciare segni, a fare da lievito di un’altra Sicilia.
Un libro , si sa, non cambia la vita, la racconta solo, ma può essere esercizio per volare lontano, per aprire le ali, per non restare dentro i confini ristretti di un’isola .
Antonio, con il suo Cuore di cactus ci regala la possibilità di “volare alto”: non lasciamoci sfuggire quest’occasione.
L'autore
Antonio Calabrò (Patti, 1950) vive a Milano. È direttore degli Affari istituzionali e culturali della Pirelli e della Fondazione Pirelli. È membro del comitato di Presidenza di Assolombarda. Insegna all’università Bocconi e alla Cattolica di Milano. È stato direttore editoriale de «Il Sole 24 Ore» e ha diretto l’agenzia di stampa Apcom e il settimanale «Lettera Finanziaria». Ha lavorato a «La Repubblica», «Il Mondo» e «L’Ora». Ha scritto Da via Stalingrado a piazza Affari (1988), La morte ha fatto cento» (1996), Dissensi (2002), Agnelli, una storia italiana (2004), Intervista ai capitalisti (2005) e Or- goglio industriale (2009). Per Sellerio ha curato la raccolta di saggi L’alba della Sicilia (1996).
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